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martedì 30 agosto 2011

Abbiamo ascoltato per voi. Enzo Pietropaoli Quartet - Yatra

Enzo Pietropaoli Quartet

YATRA



Enzo Pietropaoli, contrabbasso
Fulvio Sigurtà, tromba
Julian Mazzariello, pianoforte
Alessandro Paternesi, batteria

Jandomusic, in coproduzione con Via Veneto Jazz

Di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena


Yatra è un disco introspettivo, commovente a tratti, lirico, che mostra quanta dolce intensità possa racchiudere il jazz… il fil rouge è il descrivere, il raccontare con rilassatezza, come in una fresca serata d’inizio estate, piccole storie, o avvenimenti o sensazioni.  






Enzo Pietropaoli




Brani che si nutrono oltre che di note, accordi e battiti anche di sussurri e silenzi, e pause, come quando si racconta con emozione qualcosa.  Ma che progressivamente crescono anche d’intensità: come accade in Il mare di fronte, sognante, placido, intimo, in cui il contrabbasso di Pietropaoli canta una progressione semplice, ed in cui la tromba di Sigurtà accarezza le note della melodia; ma anche forte del riecheggio crescente delle indolenti note del pianoforte di Mazzariello, evidenziate dolcemente dalla batteria di Paternesi.  



Pietropaoli nel lento incalzare di un assolo di grande bellezza, disegna il fascino di questo disco così particolare nella sua morbidezza, mai manieristica.  Mai manieristica perche’ disegnata con linee essenziali, con le note e le dinamiche che servono a comporre tratti sonori che sta all’animo e all’orecchio e al pensiero di chi ascolta completare con le proprie emozioni e con i propri racconti. 


Fulvio Sigurta'




E’ cio’ che accade in  Smooth and Blue, poche note della tromba e il pianoforte che ne disegna il clima jazzistico, o in Pour que l’amour me quitte, che comincia con un bel minuto di contrabbasso ad arco e le eleganti note accennate della tromba di Sigurtà su piccoli arpeggi di pianoforte.  Un tema così poetico da far nascere il sorriso quando lo si ascolta, così come Il cuore e l’azzurro è così poetico da far diventare nostalgici. 


Alessandro Paternesi


Julian Mazzariello
 
Pietropaoli è un contrabbassista di grande esperienza, e di grande bravura (il che non è poi così scontatamente consequenziale) e sa quali corde toccare.  E’ fondante (questo disco è firmato da lui come leader), ma mai preponderante o eccessivo.  I suoi incipit sono raffinati, ed introducono spesso il tema lasciandolo poi libero di volare e di mutare da uno strumento all’altro.

Se poi volete sentirlo swingare allo spasimo, basta che ascoltiate “Bass Solidarity”, bonus track che potrete avere acquistando Yatra da iTunes.  

Che altro si potrebbe chiedere ad un disco di Jazz? Ascoltatelo, amici, ascoltatelo.  



Eje Cagliari 2011







lunedì 29 agosto 2011

JazzDaniels ad Umbria Jazz 2011, per Jazzitalia!

Moltissimi i concerti, strutturati in modo da costituire una rassegna per il jazz italiano al Teatro Pavone (scelto quest'anno in luogo del Morlacchi), e grandi eventi (come sempre non ascrivibili solo al Jazz vero e proprio) all'Arena Santa Giuliana. I jazzisti italiani al Pavone hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli: veramente interessante e bello ascoltare quanto il jazz sia multiforme, quando artisti diversissimi tra loro interpretino uno stesso brano musicale.......
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Fabrizio Bosso Quartet a Villa Celimontana Jazz Festival


Fabrizio Bosso Quartet
 Villa Celimontana Jazz Festival, sabato 27 agosto 2011

Fabrizio Bosso, tromba e flicorno
Luca Mannutza, pianoforte
Tommaso Scannapieco, contrabbasso
Lorenzo Tucci, batteria

Di Daniela Floris - Foto Daniela Crevena

Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si…. Si provi a cantare la scala fermandosi sul Si.  C’e’ un’attesa di completamento della sequenza dei suoni che, armonicamente,  e’ uno dei cardini della musica colta.  Dico questo pero’ non per citare una nozione di armonia o acustica, ma perche’ è mia intenzione segnalare e rendere viva quella sensazione di tensione che è una caratteristica precisa del Jazz.  E’ un’attesa, un dinamismo che a parole non è semplice descrivere ma che si può provare in maniera quasi “fisica” fermandosi un attimo prima di terminare la scala. 





Ci sono concerti di Jazz in cui i musicisti riescono a creare in maniera veramente efficace questa tensione, che si può definire “swing”, ma che non si limita allo swing, perche’ è determinata da vari fattori: dialogo tra artisti, soluzioni armoniche ma anche melodiche, e di un qualcosa d’indefinibile ma molto presente, e che rende quell’ora e mezzo di musica particolarmente intensa.
E’ quello che è accaduto a Villa Celimontana con il quartetto di Fabrizio Bosso (tromba) con Luca Mannutza al pianoforte, Tommaso Scannapieco (contrabbasso) e Lorenzo Tucci (batteria). 
Cominciando da una bellissima versione di “My foolish heart”, passando per la frenetica “Black spirits”, arrivando all’ arrangiamento originale Di Blanchard per “Footprints”, e così via, tutto il quartetto, mostrando un interplay prodigioso, ha saputo creare l’ aspettativa di ciò che sta per accadere – tenendo sotto di un millimetro e ritardando sempre di un attimo la massima intensità sonora, o armonica, o ritmica, tendendo irresistibilmente ad essa e provocando in chi ascolta quella sensazione di intensità emotiva progressiva e ineluttabile: questo sia nelle cosiddette “ballad” che nei pezzi più swinganti o frenetici. 
 Ci vuole una grande (e reciproca) musicalità per ottenere questo: perche’ non si tratta di freddi artifizi strategici, ma è semplicemente una forte inclinazione istintiva (che è quella del jazzista) regolata e resa efficace, “giusta” dalla padronanza del proprio strumento, senza la quale si rischia (poiché il jazz e’ anche improvvisazione) di sfociare nel chiasso o nel “coro di voci singole”.  E’ cosi’ oltretutto che i musicisti (in questo caso il quartetto di Fabrizio Bosso) compiono un’operazione importante: quella di far sembrare uno scherzo cose complicatissime, difficili, e di renderle fluide, intense, godibili, fruibili e di volta in volta divertenti, o appassionanti, o ritmicamente coinvolgenti.  Dunque non e’ certo l’ aver scelto un brano pop (The girl is mine, di Michael Jackson e Paul Mc Cartney), o la citazione palleggiata tra tromba e pianoforte di “Roma nun fa la stupida stasera” a rendere ricco e “bello” quel brano: la citazione e’ un occhiolino, piacevolissimo, ma non determinante per la riuscita del pezzo; ne’ il pubblico si entusiasma per la salita di semitono alla tonalità superiore in  “corso d’ opera”, giochino in auge nella musica leggera per provocare un facile “tonfo al cuore”.  



Quel brano pop non piace in quanto brano “pop” conosciuto e riconoscibile ma perche’ il jazz, se ci sono dei jazzisti, si annida ovunque, e plasma qualsiasi tipo di brano: il pubblico applaude perche’ a Villa Celimontana, consapevolmente o da neofita, ha ascoltato quella bella e positiva tensione dinamica che e’ propria del Jazz. 

venerdì 5 agosto 2011

L'aiuto della musica

Questi sono i FUNK UNIT, che abbiamo incontrato a Bergamo nel concerto finale di Bergamo Jazz: tutto il teatro ha ballato, hanno fatto bella musica funky jazz, divertente, di livello.  Ma non solo: istituzionalmente, il loro nuovo album "Funk of Life" è destinato al sostegno nel piccolo villaggio di Kibera in Africa.  La musica è 
spettacolo, e lo spettacolo può, per la sua formidabile potenzialità comunicativa arrivare al cuore più di mille parole.... e infatti a Bergamo rapidamente tutti i cd in vendita nel foyer a fine spettacolo sono stati venduti in un batter d' occhio.  Bravo Nils Lindgren, formidabile trombonista, bravi FUNKUNIT.  Ci piace farveli vedere nelle foto di Daniela Crevena!