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venerdì 27 luglio 2012

Quattro domande di una vaghezza da incubo a Danilo Gallo



DANILO GALLO

NATO A FOGGIA, PUGLIA

STRUMENTO: CONTRABBASSO


Cosa significa la musica per te?

In genere chi ama la musica afferma che “la musica e’ vita”, io direi piuttosto che “la vita e’ musica”. Basta fermarsi qualche secondo e si puo’ percepire il “rumore” di fondo del nostro mondo. Potrebbe esistere un mondo silenzioso? Naturalmente per me ogni rumore ha un’accezione positiva e gli si puo’ dare un senso musicale. Tutto quello che mi succede nella vita e tutto quello che faccio e’ in qualche modo legato alla musica. 
La mia vita e’ musica.


Cosa provi suonando il contrabbasso? 


Provo un piacere fisico ed una pulsazione magmatica dentro di me, che poi si manifesta attraverso la scansione ritmica delle note che produco. Qualcosa che viene dalle budella insomma. Un suono grave e sulfureo che arriva dritto nella pancia. Mi sento un “sommo produttore di gravita’ ritmiche”. La pulsazione e’ l’aspetto primitivo della musica, e’ il ritmo che non sia confezionato dentro a degli schemi matematici. La pulsazione permette di "sviscerare" quello che si suona, di scavare e riportare fuori stati d'animo; permette a chi sta ascoltando di "muoversi". Non credo molto in quella musica dove si sta fermi immobili per ascoltarla.
Il contrabbasso e’ il fulcro a mio parere: i suoni gravi e ritmici in genere sono determinanti perche’ possono portare la musica in una direzione  piuttosto che in un’altra. Quindi quando decido di suonare quella nota o quella pulsazione probabilmente so di decidere per tutti e ho quindi un'alta responsabilità. La cosa mi affascina.
Il contrabbasso detta il passo…watch your step! 


Cosa e’ la Puglia per un pugliese? 

La Puglia per un pugliese credo che sia quello che e’ l’Emilia per un emiliano, la Baviera per un Bavarese…e via discorrendo. E’ la mia terra natale, il luogo dove riconosco i profumi, i colori, il vento primordiale. La Puglia per me e’ la mia Africa. Il luogo da cui e’ nato tutto. La Puglia per me e’ estremo sud, non solo geograficamente, terra di confine e di accoglienza, terra sudata e aperta, terra aspra e ondulata, terra bagnata. E’ Vento e Luce. E’ la mia terra natale, in cui mi riconosco, ma non la sento come la mia casa perche’ mi sento “rootless”, ho il privilegio di girare il mondo ed ho imparato ad amare e apprezzare le mille sfumature e diversita’ di questo mondo metabolizzandole e vivendole. Posso sentirmi a casa ovunque. Pero’ la Puglia spacca!

Perché hai scelto il Jazz?

Non ho scelto il Jazz. Sono arrivato casualmente al jazz, ed anche non giovanissimo. E me ne sono innamorato, non tanto per quello che puo’ essere il “genere musicale di nome jazz” e i suoi stili, ma per la capacita’ che ha avuto questa musica e che tuttora ha, di rompere gli schemi, di sciogliere le righe e di guardare sempre avanti nel rispetto di quello che c’era prima. Mi affascina la capacita’ del jazz di essere rottura e congiunzione allo stesso tempo. Io sono onnivoro, parlando di gusti musicali, mi piace veramente tutto a parte la musica andina e il reggae che non sia Bob Marley. Ho suonato praticamente tutti i generi musicali, il liscio, il pop, il rock, l’hard rock, l’heavy metal, il punk, il folk, la musica popolare, l’etno… mi piace essere trasversale. Il jazz e’ un linguaggio che ho acquisito che mi permette di affrontare tutto quello che suono in maniera piu’ libera e svincolata dai postulati di ogni genere musicale. Il jazz e’ stato d’animo, e’ un’attitudine, e’ una modalita’ di approccio, e’ ricerca, suono, coraggio, sofferenza, stupore, curiosita', rischio.

mercoledì 25 luglio 2012

Scioccanti vertigini in musica al Jazz Flirt Festival di Formia


Jazz Flirt Festival, Formia
Anteprima VIII edizione
Formia, 23 luglio, Teatro Remigio Paone


Walter Beltrami Postural Vertigo 5tet
Walter Beltrami – chitarre
Giovanni Falzone – tromba
Francesco Bearzatti – sax tenore e clarinetto
Stomu Takeishi – basso elettrico
Jim Black – batteria

Articolo di Daniela Floris
Foto del concerto: Riccardo Crimi (che ringraziamo)
Foto di repertorio: Daniela Crevena

Il Jazz Flirt di Formia è un altro di quei Festival che vivono della preziosa linfa di veri appassionati di musica, che si riuniscono in associazioni, lavorano duramente per un anno (combattendo mancanza di fondi, difficoltà burocratiche e chi più ne ha più ne metta) e riuscendo con caparbietà  a organizzare eventi di rilievo, senza comprare pagine di riviste, trovando da soli gli sponsor, in una parola, semplicemente amando il Jazz: ascoltando novità discografiche, discutendo tra associati, scegliendo gli artisti preferiti e infine ingaggiandoli e portandoli sul palco. 
Come abbiamo più volte detto, da questa logica conseguono Festival a misura d’ uomo, in location spesso suggestive, in cui il contatto con gli artisti è più autentico che non nelle “macchine da guerra” dei grandi festival “ufficiali”.
E’ sempre bello assistere a concerti che spesso avvengono in piazze bellissime, o i Teatri come il Remigio Paone, incastonato tra rovine romane che si intravedono dai cristalli dei pavimenti, veri e propri piccoli gioielli. Spesso suonano artisti che girano l’ Italia e pochi giorni prima o dopo erano ospiti di Festival altisonanti ed autorevolissimi.
A Formia si è esibito il quintetto del chitarrista Walter Beltrame, costituito oltre al leader da Francesco Bearzatti al sax tenore, Giovanni Falzone alla tromba, Jim Black alla batteria, Stomu Takeishi al basso elettrico.



Se amate un Jazz-rock venato di punk, se amate suoni che trasmettano sensazioni adrenaliniche per mezzo di volumi alti (e forti), spessori sonori espansi alla massima potenza con improvvisazioni simultanee, contrasti tra improvvisi silenzi e riprese al cardiopalma, il consiglio è certamente di assistere a questo concerto, legato (come spiega lo stesso Beltrami) alla spiacevole esperienza di una rara sindrome neurologica da lui sofferta in passato e che è denominata proprio “Benign Paroxysmal Postural Vertigo”: i sintomi sono angoscianti perché legati ad improvvise vertigini che provocano una destabilizzazione profonda. Beltrami ha voluto dunque tramutare in suoni le sensazioni che lo hanno accompagnato, suo malgrado, per sei lunghi mesi.



E di certo la musica del Postural Vertigo Quintet rende l’ idea di questi sconvolgenti tonfi in picchiata, inaspettati o anche temuti poiché attesi da un momento all’ altro.  Spavento, tensione, paura e febbrile rapporto con la realtà, tramutati una volta guarito in spunto creativo e resi vivi in modo non tanto da raccontare una storia ora conclusa, ma da trasmettere con i suoni sensazioni simili, e farli rivivere, chi sa, forse per primo a se stesso in chiave (come lui stesso ammette) psichedelica. Come? Con intro fatte di suoni sparsi, rumori: ad opera del suono secco e volutamente fermo, senza morbidezze, della batteria; o degli effetti anche percussivi e metallici del basso elettrico, o delle distorsioni della chitarra, isolate note dei fiati.  



Alle intro si susseguono,  improvvisi o graduali, ostinati compulsivi a cui si aggiungono note lunghe di sax e tromba.  E poi la apparente confusione di urli singoli che in cinque diventano intreccio sonoro di impatto emotivo evidente.  O l’ “insicurezza” di impianti ritmici irregolari esaltati da regolarissime frasi melodiche reiterate, ipnotiche ma non certo rassicuranti.  Suoni inizialmente disgregati che si aggregano in maniera ineluttabile, e si stemperano in atmosfere sospese, come di disorientamento che prelude una nuova tempesta, ed esplodono di nuovo per terminare di botto, facendo risuonare il silenzio che ne consegue. 
Bearzatti e Falzone sanno come inasprire i suoni al momento opportuno, sanno assecondare l’ andamento martellante di una batteria fortemente presente, dilagante, o la fantasia onirico – delirante del basso elettrico di
Stomu Takeishi .



Il tutto governato e pilotato dalla chitarra del protagonista di questi viaggi interiori, che detta i flussi sonori delle vertigini e del loro esaurirsi e riapparire.
Sound innegabilmente efficace, adrenalina assicurata, si riprende fiato solo a sipario chiuso, consapevoli – dopo il racconto sonoro di Beltrami – di quanto sconvolgente possa essere la BPPV, e sinceramente felici per lui di averla vittoriosamente combattuta. 


martedì 24 luglio 2012

Una birra con... Elisabetta Antonini


Elisabetta Antonini, cantante, ma cantante e vocalist non basta. E' anche compositrice ed arrangiatrice, musicista, in una parola! Noi la abbiamo da poco ascoltata ad Ivrea in un bel concerto con un' altra donna nel Jazz, l' arpista Marcella Carboni.  Ma sono molti i progetti di Elisabetta, tra cui il bellissimo "Women next door" tutto al femminile. Ha collaborato con musicisti di rilievo, quali Kenny Wheeler e Paul mc Candless.  Ecco le sue risposte alle nostre 19 domande! D&D



Luogo di nascita:
Verona

Eta’:
39

Vivi a? 
Roma

Birra preferita:
sono una consumatrice assolutamente casuale…l’importante è che sia veramente fredda servita preferibilmente in vetro fino!

Vino Rosso o Bianco?
Dopo essere stata nelle colline del Chianti…vedo solo rosso!  

Piatto preferito;
Patate, in tutte le salse.

Colore preferito:
Tutti amati ma preferisco circondarmi di bianco e di tutte le “nuance” (attenzione!) del rosso.

Squadra del cuore:
Terribilmente disinteressata al calcio

Il disco che ti ha fatto innamorare del Jazz:
Quando non sapevo neanche cosa fosse il jazz mi innamorai di un disco di Billie Holiday, The Lady Sings the Blues. Non sapevo da dove venisse e a quale epoca appartenesse ma mi sembrò la cosa più bella che avessi fino ad allora ascoltato. Poi arrivò tutto il resto, ma il primo disco che consumai ascoltandolo dall’inizio alla fine per settimane fu You Must Believe in Spring di Bill Evans.

Il Jazzista che più ti ha ispirato:
Impossibile identificarne uno. Uno per ogni anno di vita del jazz…

Quale musica da ascoltare oltre al Jazz?
La musica colta, classica e contemporanea, e la musica del mondo, di tutte le zone geografiche, che solo recentemente sto scoprendo e che è di una inesauribile ricchezza.

Ultimo libro letto:
Lolita di Vladimir Nabokov e Opinioni di un clown di Eric Boll…leggo in parallelo!

Libro indimenticabile:
Questa è difficile! Uno tra gli indimenticabili: Lo Straniero di Albert Camus.

Ultimo film visto:
Rivedo molto spesso i film che mi sono piaciuti. L’ultimo è Morte a Venezia di Luchino Visconti.

Film indimenticabile:
Nessun dubbio: I Quattrocento Colpi di Francois Truffaut

Citta’ o Campagna:
La campagna c’è nel mio tempo libero ed è quello che più mi distende e ritempra, ma non potrei mai, davvero mai rinunciare a vivere in città.

Il tuo primo progetto:
Il mio primo progetto discografico è stato Un Minuto Dopo, con Alessandro Gwis, Gabriele Coen e Paul McCandless, anche se prima di quello ho avuto per anni una collaborazione con Luca Mannutza, Gianluca Renzi e Nicola Angelucci con i quali però non ho mai registrato.

Il tuo progetto attuale:
Ho diversi progetti all’attivo e uno in divenire, però quello che considero il progetto attuale e che è legato all’uscita di un disco è Nuance Arpa&Voce con Marcella Carboni.

Progetto sogno nel cassetto:
Tra i tanti, suonare una volta nella vita con Dave Liebman.




venerdì 20 luglio 2012

Quattro domande di una vaghezza da incubo a Dado Moroni


DADO MORONI
NATO A GENOVA (LIGURIA).
STRUMENTO: PIANOFORTE




Cosa significa la musica per te?

Da quando sono nato la musica è la fonte di energia più potente nella mia vita. Grazie a "lei" ho scoperto me stesso, ho viaggiato, ho conosciuto persone meravigliose, strane, spaventose, divertenti e ho imparato ad essere più tollerante, ho riso, pianto e visto posti che non sono neppure sulle mappe. Grazie alla musa musica ho conosciuto mia moglie Ada e sono cresciuto ancora di più, e ho anche l'impressione di aver visitato dimensioni parallele nascoste tra le note!




Cosa provi suonando il pianoforte?

Provo la sensazione di essere esattamente dove dovrei essere in quel momento...è la cosa più naturale del mondo. Adesso che insegno al conservatorio di Torino, cerco di spiegarlo ai miei studenti ma non è così semplice perchè il mio percorso é solo mio. Ma ci provo ugualmente.


Cosa è la liguria per un ligure?

Non saprei rispondere...sono nato a Genova da genitori lombardo-piemontesi, sono cresciuto a Varese fino ai sei anni, poi Genova. Poi grazie al jazz ho vissuto in Svizzera, Olanda e per 11 anni a New York, nel cuore mi sento un pò meridionale e un pò americano. E adoro il Giappone. La Liguria è una bellissima terra  che potrebbe tranquillamente essere la California d'Italia non fosse per la mentalità rinunciataria di molti liguri ( non tutti ) e per alcune cattive amministrazioni. Amo Genova e la Liguria, adoro il clima ed il mio Genoa...ma vorrei che i liguri si risvegliassero e capissero le potenzialitá della terra in cui vivono.


Perché hai scelto il Jazz?

Con tutto il rispetto...mi ci vedi che suono Battisti? Eppure mia sorella ascoltava lui, i Beatles e gli Stones e io scappavo, rifugiandomi vicino  al giradischi dei miei genitori, protetto dagli LP col faccione rassicurante di Armstrong o il sorriso di Erroll Garner...ma poi è il Jazz che ha scelto me...e come avrei potuto resistere a quello swing, al senso del blues, al ritmo? Non c'era proprio partita! I problemi arrivavano alle feste, quando l'amico di turno annunciava agli astanti che suonavo. Si avvicinava allora la bella ragazza che, con gli occhi dolci, mi chiedeva il solito brano du jour di qualche cantante italiano. Io invece le suonavo Round Midnight e dopo un secondo eccola che pomiciava con un altro!
Comunque e in ogni caso W il Jazz, sempre!

martedì 17 luglio 2012

Una birra con... Nicola Mingo

Nicola Mingo, chitarrista, innamorato della chitarra, naturalmente, perfezionatosi con musicisti del calibro di Jim Hall, Kevin Eubanks, Joe Pass, John Abercrombie, ha un suo stile ben inserito nel mainstream , ispirandosi ai più grandi del Jazz.  Il suo ultimo lavoro è un omaggio a Clifford Brown, che riconosce come uno dei suoi artisti di riferimento, oltre a Charlie Parker, Oscar Peterson, ma anche Ron Carter, Michel Petrucciani e molti altri grandi del Jazz.  Lo abbiamo intervistato molto volentieri, ed ecco le sue risposte alle nostre 19 classiche domande!!! Le foto sono di Roberto Panucci




Luogo di nascita:
Napoli

Eta’:
48

Vivi a?
Roma

Birra preferita:
Heineken

Vino Rosso o Bianco?
Rosso

Piatto preferito:
Amatriciana cor guanciale

Colore preferito:
Blu

Squadra del cuore:
Napoli

Il disco che ti ha fatto innamorare del Jazz:
Charlie Parker e Dizzy Gillespie at Royal Roost
Il Jazzista che più ti ha ispirato:
Charlie Parker, Wes Montgomery,e molti altri

Quale musica da ascoltare oltre al Jazz?
Tutta la BUONA Musica

Ultimo libro letto:
L’odore dei soldi di Marco travaglio

Libro indimenticabile:
L’Omnibook!

Ultimo film visto:
To Rome with Love di Woody Allen

Film indimenticabile:
Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders

Citta’ o Campagna:
Citta’

Il tuo primo progetto:
Walking (Pentaflowers -1994),C.d di esordio con tutti brani miei originali ispirato all’ Hard Bop di Art Blakey e Jazz Messengers con Flavio Boltro Dario Deidda Amedeo Ariano presentato ad Umbria Jazz  al Teatro Morlacchi di Perugia nel 1994

Il tuo progetto attuale:
We Remember Clifford,Sesto c.d da Leader con grandi musicisti come Antonio Faraò, Marco Panascia e Tommy Campbell(Universal Music Emarcy Jazz 2011) Omaggio a Clifford Brown con molti brani di Clifford come Daahoud Joy Spring La Rue The Blues walk e brani miei originali come Narona o We Remember Clifford (Title Track),presentato ad Umbria Jazz al teatro Pavone nell’ edizione 2011

Progetto sogno nel cassetto:
Nuovo cd in cantiere con Giorgio Rosciglione e Gegè Munari e tanti concerti, suonare sempre tanto in giro ,e andare sempre AVANTI in nome del JAZZ e della BUONA MUSICA!

Quattro domande di una vaghezza da incubo a Enrico Pieranunzi




ENRICO PIERANUNZI

NATO A ROMA 
STRUMENTO: PIANOFORTE



Cosa significa la musica per te?
Cercare i numeri del mistero, trovare e raccontare il mio me sconosciuto

Cosa provi suonando il pianoforte?
Come essere accarezzato da una delicata mano femminile, come veder sorridere un bambino.

Cosa significa Roma per un romano (de Roma?)(da sette generazioni, n.d.r. )
Albe e tramonti indicibili,l’odore della storia,lo spirito intelligente del  latino dentro una lingua che è più madre di tutte;la decadenza infinita, l’impero dell’oblìo, essere stati  al centro del mondo, credere ancora di esserlo ed esserne del tutto fuori;l’al di là che struscia ogni momento  contro l’al di qua, il tempo eterno che t’abbraccia e ti  paralizza;i  bar-teatrini   pieni di ‘e cche te pare che io...’,resistere in solitudine ai  ‘ma lascia perde, ma che tte frega...’
o ai  ‘ma chi t’o’ fa ffà’...;i suoni delle serenate e delle canzoni romane di mio padre, la voce di mia madre che quando la pasta era pronta mi chiamava dieci volte e  più volte per  staccarmi dai dischi dei Jazz Messengers;
la voglia di andarsene perché come ha scritto Ennio Flaiano“si vive in questa città troppo bella amandola, maledicendola,  proponendosi ogni giorno di lasciarla e restandoci”


Perché hai scelto il Jazz?
Ci siamo scelti... prima m’ha scelto lui, poi l’ho scelto io. E quando l’ho scelto e’ stato per sempre, perché dentro  al jazz c’è il corpo del corpo, e dentro al corpo c’è tutto il mondo e di più... c’è il tamburo originario e c’è,  soprattutto,   il blues, un mantra nascosto di miele e d’amaro, di vita e più vita, di  gioco e di gioia, di senso e di sesso.

lunedì 16 luglio 2012

Umbria Jazz in pillole: giorno 4, domenica 15 luglio

Ultima giornata a Perugia! 
Teatro Morlacchi, ore 1730: ben quattro pianoforti per ricordare (ancora una volta) il genio Thelonious Monk.  Kenny Baron, Mulgrew Miller, Eric Reed e Benny Green, hanno giocato, creato, divertito, alternandosi in duetti e suonando anche insieme il repertorio classico di Monk.  Concerto bellissimo, nient' altro che Jazz, solo Jazz. Per le foto un po' di pazienza! 


All' Arena Santa Giuliana Umbria Jazz si conclude con il Rock! Ma Sting è un artista pop/rock non così lontano dal jazz.  Dedica in apertura il suo concerto a Gil Evans (che definisce suo padre spirituale) e canta per un' ora e mezzo tutti i suoi successi, praticamente nessuno escluso. Da brivido!  Vietatissime le foto... e allora qui ne mettiamo una di repertorio scattata da Daniela Crevena in un' altra occasione, a Milano.  D&D 


domenica 15 luglio 2012

Umbria Jazz in pillole: giorno 3, sabato 14 luglio

Perugia decisamente più popolata e Teatro Morlacchi decisamente tutto esaurito per due concerti di genere totalmente diverso tra loro.  In entrambi i casi molto addetti alla stampa hanno persino rischiato di rimanere fuori! 


Alle 17.30 è salito sul palco Wayne Shorter, che con Danilo Perez al pianoforte, John Patitucci al contrabbasso e Jorge Rossy alla batteria hanno suonato per un' ora e mezza musica tanto complessa quanto profondamente emozionante.  Jazz!








A mezzanotte concerto della cantante Melody Gardot.  Sold out, per un concerto che non si può definire jazz.  Una voce certamente particolare, molta scenografia, forse un po' di scena, pubblico (variegatissimo) in delirio.  Umbria Jazz non è solo Jazz (e questo lo si sa da parecchio!) 








Oggi ultimo giorno: siamo pronte! D&D

sabato 14 luglio 2012

Umbria Jazz in pillole! Giorno 2, venerdì 13 luglio

Si comincia a popolare Perugia, che a detta degli operatori del festival ha sofferto di una scarsa affluenza nei giorni ai vari eventi di Umbria Jazz.
Ieri pomeriggio al Morlacchi il tributo a Thelonious Monk in "Friday the 13" con l' Orchestra diretta da Riccardo Brazzale, che oramai da anni si occupa di questo genio del Jazz, di cui ricorre il trentennale della morte quest' anno: brani riarrangiati e voce narrante in un' atmosfera a metà strada tra passato e novità.






All' Arena Santa Giuliana Sonny Rollins, un leone del sax tenore: quando suona il sax sembra che tragga e non spenda energia, forse è questo il suo segreto. Cammina a fatica ma non a pena comincia a suonare diventa un gigante.  Pur lasciando ai suoi musicisti lunghi episodi solistici, suona di continuo, suona alla perfezione, suona alla Rollins sia brani adrenalinici sia intense ballad.  In una parola fa il Jazz.






Mezzanotte, teatro Morlacchi: il quintetto del trombettista trentenne Ambrose Akinmusire: è il jazz del futuro, uno strumentista che sta lastricando di nuove idee la strada maestra del Jazz.  Un concerto difficile, ma mai ostico, un fenomeno della batteria (Justin Brown) giovanissimo incredibilmente prodigo di idee ed energia. Applauditissimo non ha voluto concedere il bis ma certo non ha lasciato il Morlacchi senza musica.






venerdì 13 luglio 2012

Umbria Jazz in pillole! Giorno 1, giovedì 12 luglio

Pat Metheny in gran forma all' Arena Santa Giuliana con Antonio Sanchez alla batteria, Chris Potter ai sassofoni e Ben Williams al contrabbasso: due ore di musica che non ha tradito le aspettative dei fan di questo chitarrista strepitoso, bellissimo nei duetti con ognuno dei componenti del quartetto.










Al Morlacchi a mezzanotte concerto (il sesto del  progetto"THE GIL EVANS CENTENNIAL PROJECT") con i due trombettisti Fabrizio Bosso( in "Quiet Nights") e Paolo Fresu (in "Sketches of Spain" )che hanno entusiasmato il pubblico insieme alla RYAN TRUESDELL EASTMAN JAZZ ORCHESTRA (formata da elementi poco più che ventenni - non che in Italia non abbiamo orchestre di giovanissimi talenti, beninteso).  Due artisti diversissimi tra loro che hanno duettato al termine di un concerto emozionante.







Ma D&D non si sono fermate: e hanno fatto bene, perché dopo le due di notte, al pub "l' elfo", hanno assistito ad una Jam Session inaspettata in cui insieme a giovani musicisti perugini hanno suonato Fabrizio Bosso, raggiunto a sorpresa da Ambrose Akinmusire - trombettista newyorchese rivelazione che suonerà stanotte al Morlacchi, il batterista Justin Brown, un fenomeno di musicalità e fantasia, ed il contrabbassista di Pat Metheny Ben Williams.  Momenti eccezionali per chi assisteva e per gli stessi musicisti. Bosso che passava la tromba ad Akinmusire, sorrisi, visi stupiti, e soprattutto jazz, vero jazz: è valsa la pena di andare a dormire alle 5, ve lo assicuriamo.






Le foto più tardi!!!!   D&D under a train ma felici

mercoledì 11 luglio 2012

Maria Pia De Vito, Huw Warren e Gabriele Mirabassi alla Casa del Jazz di Roma


Gli inaspettati percorsi del Jazz

Casa del Jazz, 9 luglio, ore 21
Maria Pia De Vito, voce
Huw Warren, pianoforte
Gabriele Mirabassi, clarino

Articolo di Daniela Floris
Foto di repertorio di Daniela Crevena


I percorsi del Jazz ma più in generale della musica sono sempre inaspettati.  E solo assistendo al concerto del duo di Maria Pia De Vito e Hugh Warren al pianoforte potrete capire cosa possa legare un pianista jazz gallese ed una cantante jazz napoletanissima.  Eppure (potenza di internet) per un caso la prima ha ascoltato alcuni lavori del secondo ed è rimasta affascinata dalla quella particolare musicalità a lei così affine.  Internet accorcia le distanze e in pochissimo tempo (già da alcuni anni) i due si sono trovati a collaborare dando vita anche a bellissimi progetti discografici.  





Se a loro si aggiunge un poeta del clarino (Gabriele Mirabassi) allora, come è accaduto alla Casa del Jazz, si viaggerà a mezz’ aria tra le note di tre virtuosi che hanno piegato il virtuosismo a forma espressiva intensa che niente ha a che vedere con esibizioni “da circo”.
Dunque Maria Pia De Vito – che è fenomenale nello scat simulerà un intero set di percussioni, Huw Warren la asseconderà percuotendo le corde del pianoforte a coda, Gabriele Mirabassi porterà all’ estremo la voce del suo clarino ma… il loro reciproco ascolto renderà tutto questo non una sterile gara tra titani, ma un insieme armonico di migliaia di battiti e note, intellegibili una ad una ed anche nel loro reciproco dialogare.
La voce di Maria Pia De Vito (che è versatile in maniera – positivamente – impressionante) diventerà più napoletana che mai, e dolce, e commovente  cantando la piccola poesia di Totò Si fusse n’ aucello: un piccolo capolavoro per il testo in sé, per la musica che Maria Pia le ha regalato (che fa sognare dolci momenti di tenerezza davanti ad una finestra), per i cinguettii così musicali che nascono magicamente dai fraseggi del clarino di Mirabassi – onomatopeico ma non didascalico, per gli accordi così morbidi e mediterranei di Warren.
Napoli torna in altri brani, mai uguali l’ uno all’ altro, risultato di un’ impellenza musicale mai sopita ma assecondata quasi con amorevole cura.
Quando si torna poi al Jazz propriamente detto (ad esempio con G continuo di Rita Marcotulli), il procedere all’ unisono dei tre musicisti è un incredibile inanellarsi di note legate da uno swing irresistibile, precise come ticchettii di un orologio svizzero ma senza la petulanza dell’ incedere sempre uguale a se stesso dell’ orologio, perché tra una nota e l’ altra, anche durante velocità frenetiche, ci sono sfumature di timbro, di dinamiche, di varianti che creano quella tensione espressiva che è (in una sola parola) musica.
Energia, precisione, bravura, fantasia - nel brano napoletano come in quello di Jobim ma anche nell’ interpretazione della “follia buona” (come la definisce la De Vito) di Hermeto Pascoal - sempre è trapelata la gioia di fare musica in trio, anzi di essere lì in quella precisa formazione: ecco come può diventare il Jazz. 



martedì 10 luglio 2012

Stiamo per partire per Umbria Jazz!!!!

E' quasi tutto pronto: da giovedì a domenica saremo per conto di Jazzitalia a seguire Umbria Jazz. Tutti i concerti e i sound check del Morlacchi e quelli possibili dell' Arena Santa Giuliana, saranno tradotti in immagini e parole (come ogni anno).  E' un Tour de Force alla quale oramai siamo abituate.  
I concerti che seguiremo saranno tantissimi.  Ogni giorno qui su JazzDaniels vi diremo in pillole quali!
Siamo pronte!

D&D 



Questa foto è dell' anno scorso, è di Giovanni Fucili e ritrae noi davanti al Teatro Pavone a Perugia mentre Riccardo Crimi ci fotografa

Ciao!